28/05/2021

La Famiglia. Un diritto fondamentale

La Famiglia. Un diritto fondamentale

Intervista a Christian Albertin

Christian è un educatore sociale e lavora presso l’Associazione La Strada – Der Weg, dove si occupa di un servizio che si rivolge a ragazzi soli e in situazioni di difficoltà. Dopo un laboratorio sui temi della migrazione, abbiamo parlato insieme a lui di fotografia e diritti umani.

Ciao Christian, da dove arriva l’aspirazione di lavorare nel sociale?

Dalla mia famiglia. I miei genitori si sono sempre dati agli altri, nonostante avessero sempre molto da fare. Il loro esempio mi ha portato dove sono ora. La mia fonte di ispirazione è soprattutto mia mamma. Mia nonna negli ultimi anni di vita ha avuto l’Alzheimer e ad un certo punto non riconosceva più nessuno. Mia mamma si è sempre dedicata a lei con costanza, anche se la situazione non era facile. Ha messo da parte tanto di sé stessa per darlo agli altri. Penso che sia questo uno degli esempi di ciò che mi ha portato ad essere ciò che sono adesso.

Cosa ti porti via da questo workshop di migrazione e fotografia?

Durante il laboratorio abbiamo ascoltato la testimonianza di una ragazza che è dovuta fuggire dalla Libia e dividersi dai suoi famigliari. Le fotografie che ho scattato durante il laboratorio riguardano appunto il tema della famiglia, un diritto che nella sua vita è venuto a mancare e che il suo Stato non ha potuto garantire. Dopo la guerra civile e la fuga infatti la sua famiglia è stata frammentata in diversi Paesi. La sua storia è molto dolorosa. Per questo ho deciso di tagliare le mie polaroid, come rappresentazione di un punto di forte rottura.

Secondo te cosa può fare la fotografia per i diritti umani?

Studiando ho scoperto che la fotografia può essere un metodo per aiutare.

Per la mia tesi di laurea ho realizzato un progetto di photovoice con alcune persone senza dimora di Bolzano. Ho imparato che l’arte è soggettiva e che una fotografia può essere interpretata e osservata da tante prospettive diverse. Ognuno vede a modo suo e per questo per me la fotografia è un punto di confronto.

La fotografia collega le persone, è uno strumento di comunicazione e connessione. E se ti “connetti” con l’altro, il tuo messaggio è più forte.

C’è una fotografia che rappresenta la tua visione dei diritti umani?

Sono un grande fan di Sebastiao Salgado, un fotografo brasiliano che scatta in bianco e nero. Il suo è un bianco e nero forte, che arriva all’anima. Con le sue foto parla delle condizioni delle persone che scappano dalla guerra e da situazioni disumane che tolgono la dignità. Attraverso le sue foto ci fa vedere le disuguaglianze, ci racconta storie di sfruttamento e denuncia le differenze tra i paesi industrializzati e quelli più poveri. Guardando le sue foto rifletti sul fatto che nulla è scontato.

Qual è il diritto che risuona maggiormente dentro di te?

Il diritto alla dignità è molto importante per me. Ma per il lavoro che faccio ora, quello più forte dentro di me è il diritto di avere persone di riferimento positive. I ragazzi con cui lavoro non hanno questo diritto. Molti non hanno nessuno. La maggior parte vivono lontani dai genitori oppure non hanno figure da prendere come modello. Per loro io sono una figura di riferimento. Loro sanno che io ci sono.

Per me è fondamentale il diritto alla famiglia e il diritto ad avere dei genitori.

Perché tu ti impegni per questo diritto?

Perché io una famiglia la ho. La mia famiglia mi ha dato tanto e non è una cosa da poco. Mi reputo molto fortunato. Il mio agire è un segno di riconoscimento.
Una cosa che mi piacerebbe fare per potenziare questo diritto è diventare tutore di ragazzi soli.